Una storia lunga secoli. Un alimento naturale e prezioso dalle infinite proprietà benefiche e curative. Ma chi ha scoperto queste straordinarie qualità? Quali sono le sue origini?
Come nasce il miele? Qual è il suo significato? Ebbene, le sue origini risalgono a circa 10mila anni fa, grazie al ritrovamento di una pittura rupestre vicino a Valencia, che rappresenta un uomo arrampicato su un albero mentre raccoglie i favi con del fumo per stordire le api che lo circondano. La pittura egiziana ci offre invece una testimonianza risalente a 2400 c.C, riguardante i primi allevamenti di api con i cosiddetti “cacciatori di miele”, che si arrampicano con scale di corde su rupi alte anche fino a 100 metri.
Altri ancora ritengono che il cosiddetto “nettare degli dei”, appellativo creato dalla mitologia greca, risalga alla costruzione delle prime arnie artificiali a opera delle popolazioni ittite nel VI secolo a.C.
Inoltre, è stata documentata la presenza di piante che producevano nettare e polline già 150-100 milioni di anni fa. La storia conferma che le prime api sono nate circa 50/25 milioni di anni fa, insieme ai primi esemplari di primati, mentre le api sociali (che fungono da organismo collettivo), avrebbero un’età che va dai 20 ai 10 milioni di anni (considerando che 1 milione di anni fa comparve l’uomo).
Dolce e divino benessere curativo
L’origine del nome miele si pensa provenga dall’ittita “melit”, il solo prodotto dolce disponibile e concentrato a quei tempi. I suoi usi erano molteplici, da quelli propriamente alimentari a quelli culturali e divini relativi a gioia e appagamento. Alcune antiche popolazioni consideravano il miele un alimento per il corpo ma anche come simbolo di conoscenza.
Ancora oggi il miele rappresenta una preziosa risorsa grazie alle sue proprietà benefiche e curative, da utilizzare non solo come alimento, ma anche come cosmetico per il viso e il corpo, capace di rendere la pelle più morbida ed elastica. Pensate che già i Sumeri lo utilizzavano con questo scopo, mescolandolo con argilla e olio di cedro; addirittura, nel Codice di Hammurabi, si sono scoperti alcuni articoli che tutelano gli apicoltori dal furto di miele dalle arnie.
Ma vediamo, più nello specifico, tutte le tracce “mielose” lasciate dai nostri predecessori, dall’Antico Egitto ai Fenici, dal Medioevo fino all’Antica Roma.
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Il miele nell’Antico Egitto
Sono numerose le testimonianze della presenza del miele nella cultura egizia: dai cartigli reali alle pareti delle piramidi. Per gli Egizi il miele era considerato sacro, un alimento riservato alle classi più agiate, quindi nobili e reali; solo in seguito, nel II millennio A.C., anche il resto della popolazione riuscì ad usufruirne, come testimoniato dal ritrovamento, nelle tombe dei defunti, di alcuni vasi per il miele o favi in tombe private, proprio come se fosse un cibo per far compagnia nel viaggio verso l’Aldilà, ma anche in segno di bottino di guerra, pagamento di tributi e offerte. Pertanto, il miele rappresentava non solo un alimento per conservare e dolcificare, ma anche uno strumento utilizzato nei riti di mummificazione con proprietà taumaturgiche, e a volte magiche, per garantire l’immortalità.
Insomma, il miele per gli antichi Egizi era un prodotto sacro e le api erano considerate un dono all’uomo, che dovevano essere quindi protette e rispettate. Un regalo dagli dei, per gli dei. Si narra, infatti, che le lacrime del dio Ra, il dio Sole, cadendo a terra, si trasformarono in api che, a loro volta, crearono l’alveare e iniziarono a produrre il miele.
Il miele nella Grecia Antica
Il cibo degli dei per eccellenza, i quali consumavano miele per garantirsi l’immortalità. Mangiavano l’ambrosia e bevevano il nettare, oltre al miele selvatico e all’idromele. Lo stesso Zeus si narra fosse stato nutrito da neonato con il latte della capra Amaltea e con il miele dalle figlie di Melisseo; anche Giove, proprio come Zeus, venne nutrito dalle api del Monte Ida. Una vera e propria ricetta dell’immortalità dal valore sacro, dato che l’ape nella Grecia antica aveva un significato metasimbolico.
Il nettare degli dei aveva straordinarie caratteristiche benefiche e veniva utilizzato anche nei dolci per cerimonie religiose in onore delle divinità. Inoltre, nelle prime monete metalliche coniate nelle città greche del VI secolo a.C. erano ritratte le api come simboli di produttività.
Troviamo il miele nei reperti lasciati da Omero, che racconta del miele selvatico e della sua raccolta, in quelli di Pitagora, che lo descrive come segreto per una lunga vita, o ancora in quelli di Aristofane, che descrive le focacce mielate come il premio per gli atleti vincitori delle gare di corsa.
Aristotele, nel suo De Generatione Animalium, descrive anche l’anatomia e la formazione del miele delle api:
“L’ape lo porta da tutti i fiori che sbocciano in un calice… essa bottina i succhi di questi fiori con l’organo simile alla lingua”
Inoltre, descrive il miele primaverile come “più dolce e più bianco e nel complesso più dolce di quello autunnale”.
Il miele nell’Antica Roma
I Romani ritenevano il miele il dolcificante per eccellenza. Ce lo testimonia il De Re Coquinaria di Apicio, dove si raccontava che il miele veniva importato soprattutto dalla Spagna e da isole come Creta, Malta e Cipro. Il miele veniva utilizzato sia per i dolci che per la preparazione del vino (idromele), della birra, delle salse agrodolci e delle conserve.
Ma non solo: le legioni di Cesare, dopo la vittoria in Egitto, portarono a Roma le ricette di 16 varietà di biscotti, cotti in forno e fritti, dedicati al culto della dea Iside. Nel 30 a.C., al tempo dell’imperatore Augusto, Virgilio, apicoltore e poeta, dedicò il IV libro delle Georgiche interamente all’allevamento delle api, esprimendo la sua personale preferenza per il miele di timo. Secondo Virgilio, le api sono ricche di virtù per dono di Giove, riconoscente per il nutrimento fornito quando era in fasce; esse raccolgono il miele e appartengono a una razza immortale, parte della mente divina.
La luna di miele: cosa significa?
Il miele era il dono di nozze per eccellenza, il miglior augurio per un matrimonio proprio per le caratteristiche e le tradizioni mitologiche riguardanti l’eterno.
Ovidio, a tal proposito, racconta che Venere avesse bevuto una bevanda a base di latte e miele nel giorno del suo matrimonio con il dio Vulcano, un’unione fortunata e duratura. La bevanda in questione era il cocetum, a base di “bianco latte” e miele liquido con semi di papavero tostati e tritati, che veniva offerta alla sposa romana il giorno delle nozze e che le donne bevevano durante la festa dei Venerali come buon auspicio.
Anche i Babilonesi erano soliti regalare il miele il giorno delle nozze; il padre della sposa, infatti, donava al futuro genero una bevanda a base di mele, che doveva bastare almeno un mese come buon auspicio di fertilità e prosperità. La tradizione del miele come regalo di nozze venne perpetuata fino al Medioevo, come dono più propizio da parte dei suoceri per lo sposo.
Ecco quindi l’origine della luna di miele, il periodo successivo alle nozze. Ancora oggi il vasetto di miele rappresenta una bomboniera di nozze molto apprezzata.
E siamo giunti fino ai giorni nostri. Dalla fine degli anni ’70, il miele viene sempre più considerato un alimento sano con diverse proprietà nutrizionali, una miscela naturale di zuccheri semplici di facile digeribilità. Senza dimenticarci delle sue caratteristiche farmacologiche contro i malanni di stagione, nella guarigione di ferite e ustioni, ma anche come prodotto da utilizzare in una grande varietà di applicazioni cosmetiche.
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Stefania Pili